Napoli, fatto un passo indietro: obiettivo difendere il 2° posto

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La squadra di Mazzarri, da un po’ di tempo a questa parte, si porta appresso troppe incertezze che hanno influito sul rendimento in campionato ed in Europa.

Diciamoci la verità, in pochi non hanno chiuso gli occhi e pensato al peggio quando l’ombra oscura di Cavani si è presentata sul dischetto per quel maledetto rigore. Per certi versi il crack della stagione del Napoli. Il momento in cui, con tutta probabilità, si è riscritto il futuro della squadra, del tecnico e di Cavani stesso.

Per carità, il discorso scudetto, almeno su queste pagine, lo avevamo archiviato già da tempo: con la Juve a + 7 era già un sogno che avrebbe presupposto miracoli. Ma questo Napoli, quello che da oltre un mese non riesce a portare a casa i tre punti, non ha mai dato la sensazione di poter davvero continuare la rincorsa.

Nemmeno dopo il pareggio del primo marzo. Non si è mai avvertita una vera convinzione di voler puntare alla vetta, forse gli stessi protagonisti hanno preso lentamente coscienza della mancanza di un organico all’altezza che potesse colmare il gap con i bianconeri.

Anche contro il Chievo sono riemerse le falle storiche: un Cavani a secco che vuol dire assoluta mancanza di goal (solo due nelle ultime sette partite) ed il muro difensivo promesso ed attuato da Corini che ha esaltato la totale incapacità di variare tema tattico. Mettiamoci dentro tanti errori persino sui fondamentali, un calo atletico vistoso e la miscela è di quelle da inevitabile disfatta.

Nel cocktail velenoso ci vanno dentro anche alcune situazioni interne poco chiare: su tutte, è giusto sottolinearlo, la posizione del tecnico.

L’anno sabbatico sbandierato da Mazzarri nei primi mesi del campionato è stato quanto di più inopportuno potesse abbattersi su una squadra che ad inizio stagione si candidava ad essere la prima favorita per il tentativo di strappare il tricolore dalle maglie bianconere.

Del tutto legittimo il desiderio di Mazzarri di staccare la spina a fine stagione – anche a fronte di qualche problemino di salute e/o di voglia di nuovi stimoli – ma è altrettanto lampante che in un qualunque contesto professionale le cose non vanno mai bene quando è il capo il primo a mollare.

Con l’aggravante di essere costretto ad ubbidire agli ordini di scuderia fino al termine dell’impegno professionale, con tanto di difesa ad oltranza degli “straordinari risultati raggiunti” sotto la sua gestione, piuttosto che lamentare lampanti lacune in organico, richieste e mai ottenute.

Non di minore valenza sono le voci sul futuro di Cavani che vanno avanti da mesi tra sceicchi, magnati russi e quella clausola da sessantatre milioni a cui non si potrebbe dire di no. Come scriviamo da tempi non sospetti adesso c’è un secondo posto da difendere dall’assalto delle inseguitrici, Milan su tutte.

Non sarà come vincere lo scudetto, ma probabilmente l’accesso diretto alla Champions è quanto di meglio il club possa chiedere al proprio momento storico: tra il nuovo tecnico da individuare ed un Cavani da sostituire, i milioni provenienti dall’Uefa potrebbero rappresentare la base su cui costruire il nuovo ciclo di vita della società, quello di una competitività che prescinda dal livello medio del campionato e che possa portare lontano la squadra anche in Europa.

A patto che la proprietà si doti di maggiore coraggio negli investimenti e nelle scelte tecniche. Perché nel calcio conta vincere sul campo e non solo nelle classifiche dei bilanci in attivo.

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