Vittorio Feltri: la sceneggiata del servo del potere.

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Quando la penna scrive senza che la mano sia collegata al cervello. O, per lo meno, senza che sia collegata al proprio di cervello. Cari lettori, voi lo immaginate Vittorio Feltri, direttore de “Il Giornale”, scrivere di calcio?  Escusez moi, non solo che scrive di calcio, ma che si interessi in particolare del Napoli, seguendo con minuziosa attenzione la partita dei partenopei onde poter poi commentare che il Napoli ha battuto in casa il Bari non per la bravura dei giocatori, ma grazie a san Gennaro intervenuto dal cielo che ha reso orbo il signor arbitro. Il quale – secondo Feltri – mentre i galletti alzavano la cresta e mettevano sotto gli avversari ben due volte (uno a zero, uno pari, due a uno) ha deciso di espellere Parisi, somma di ammonizioni, e Ranocchia per un fallo sanzionato direttamente col rosso che al massimo meritava un giallo”. Eh no, non si tratta di una barzelletta. Il direttore de “Il Giornale” è diventato improvvisamente appassionato del pallone, e soprattutto degli azzurri. Peccato che forse un momento di distrazione, mentre sicuramente seguiva la partita, gli abbia fatto sfuggire un piccolo particolare: cioè che i ragazzi di Mazzarri si sono resi protagonisti di una grande gara, mentre il Bari, sebbene abbia dimostrato di essere una squadra ben organizzata, abbia fatto tutt’altro che metter sotto gli avversari, ma si sia trovato due volte in vantaggio capitalizzando al 150% le due volte e mezza che si sono trovati dalle parti di De Sanctis nell’arco dei novanta minuti. Senza contare che la seconda espulsione, quella di Ranocchia, è avvenuta a pochi secondi dal fischio finale con gli azzurri già sul 3-2 e per un intervento decisamente pericoloso su Lavezzi, dunque impeccabile a norma di regolamento. Per quanto riguarda invece il primo rosso un certo Tombolini, moviolista Rai oltre che ex arbitro, ma a quanto pare non competente di calcio alla stregua di Feltri, ha espressamente sostenuto l’irreprensibilità del provvedimento disciplinare derivante da un “fallo di ostruzione con braccio alto, oltretutto che interrompe un azione pericolosa del Napoli”.

Ma l’aspetto più indecoroso della vicenda è, ahimè, un altro. Mentre tutt’Italia gode del potere di critica o della “lamentela”, per dirla alla Feltri, a Napoli tutto ciò non è concesso senza che il resto di questa pseudo-nazione cada nell’orrida retorica del vittimismo o del “piagnisteo napoletano”. La squadra azzurra, nel corso degli ultimi campionati di serie A, ha effettivamente subito una cospicua serie di torti arbitrali, intervallati da qualche “aiutino”, tutto ovviamente in buona fede. Ma con la bilancia pendente per la maggiore sempre dal lato dei torti, qualsivoglia società non sarebbe riuscita a mantenere una linea di estrema tolleranza come ha fatto quella di De Laurentiis nel corso di questi anni, buttando costantemente acqua sul fuoco. All’ennesimo torto subito a Parma, il presidente azzurro non ha più retto, esondando come un fiume in piena. Ma a Napoli non ci si può lamentare mai, neanche quando le cose non vanno per il verso giusto, senza correre il rischio di imbattersi in persone che poi si ritrovano a parlare, o peggio, a scrivere di “teoria del piagnisteo accompagnata dal mandolino”.

Resta da chiedersi il perché dell’articolo di Feltri. Se il direttore fosse stato un accanito sostenitore della squadra pugliese, le sue parole avrebbero potuto avere una parvenza di motivazione perché sorrette dalla collera che, anche se spesso immotivata, è parte integrante di chi vive la passione in qualsiasi attività, compreso il calcio. In realtà la storia di Feltri dimostra come la sua personalità sia stata sempre in balìa del potere, per cui spesso e volentieri la sua penna è guidata da qualche sommo burattinaio. E’ evidente che il Napoli tornato in massima serie, con alle spalle una società sana, forte, e soprattutto con una squadra vincente, non vada tanto giù a qualcuno che negli anni ha tentato di costruire un campionato basato sulla dittatura delle solite note, Milan – Inter – Juventus e le romane, per non fare nomi. Ne è la dimostrazione anche l’ultima sentenza del giudice sportivo Tosel, a dir poco scandalosa per non aver squalificato lo stadio Olimpico in seguito alle vicende del derby di domenica scorsa, dove si sono puntualmente verificati incidenti tra le tifoserie, con tanto di sospensione della partita per diversi minuti a causa di un lancio incessante di petardi. Al Napoli l’esplosione di alcuni petardi contro il Frosinone costò una lunga squalifica del San Paolo. I petardi di Roma hanno un rumore diverso di quelli di Napoli. All’ombra del Vesuvio è tutto più rumoroso. Complimenti ai burattinai, compassione per i burattini.

 

Vincenzo Mugione NAPOLICALCIO.NET

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