Applicazione pratica del verbo tattico dell’allenatore: sin prisa però sin pausa, come dire: prima o poi si segna, basta usare anche il cervello e non solo le gambe.
A pieni voti. Senza indugi e con l’autorità di una grande. Il primo esame superato con la sicurezza di chi non ha paura di nessuno. Nemmeno dei vice campioni d’Europa. E lo si è capito subito: Napoli compatto, azzurri ordinati, mai banali nella gestione del pallone e con quell’aria di chi vuole provare a prendersi tutta la posta in palio, forte della consapevolezza delle proprie qualità.
Applicazione pratica del verbo tattico dell’allenatore: sin prisa però sin pausa, come dire: prima o poi si segna, basta usare anche il cervello e non solo le gambe. Stavolta non è un Bologna qualsiasi a farne le spese, ma la corazzata teutonica del simpaticissimo Klopp.
Il quale però non ha accennato nemmeno un sorriso al vantaggio di Gonzalo Higuain, anzi. E sempre a causa dalle scorribande della premiata coppia Insigne-Higuain che Weidenfeller è finito a far compagnia al tecnico tedesco.
Due episodi determinanti, certo, ma che non possono sminuire la grande prova degli azzurri: sugli scudi i due centrali di centrocampo, con nota di merito a favore di un Inler tornato ai livelli di Udine. Pochi problemi, a parte l’autorete, davanti a Reina, con Albiol sempre elegante ed autoritario al centro della difesa.
Da segnalare il gran lavoro degli esterni, con un Maggio sempre più a suo agio nella metamorfosi tattica del 4-2-3-1 in cui è costretto a dosare le forze e a guardarsi le spalle con più attenzione. Lì davanti poche storie: a parte l’ombra del profilo del Pipita che sta oscurando sempre di più il ricordo quasi sbiadito di Cavani, gran lavoro di Callejon a protezione della mediana e di Lorenzino Insigne impegnato ad allargare le maglie della difesa tedesca per creare i varchi giusti.
Il tutto con un comune denominatore: l’intera squadra attenta a chiudere sistematicamente gli spazi, ad insistere con la densità difensiva, a riprendere le posizioni a ritroso in fase di non possesso palla per poi ripartire in velocità.
Del resto era l’unico modo per non permettere agli uomini di Klopp di impossessarsi del gioco e di colpire con i suoi fuoriclasse. Operazione perfettamente riuscita. Il resto è racchiuso nella zuccata del Pipita e nella parabola di Insigne, a squarciare le fondamenta di un San Paolo che non aspettava altro per esplodere.
Ma gli esami come al solito non finiscono mai: una manciata di giorni e sarà subito San Siro sponda Milan, nel primo, grande ostacolo nella scalata allo scudetto. Si ricomincerà, sin prisa però sin pausa. E senza paura!