Napoli e San Paolo: c’eravamo tanto amati.

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In principio era lo “Stadio del Sole”. Con questo nome venne alla luce l’impianto partenopeo, successivamente ribattezzato “San Paolo” per celebrare quella leggenda secondo cui il noto santo, al suo arrivo in Italia, avrebbe attraccato proprio nella zona dell’attuale Fuorigrotta. Il giorno dell’inaugurazione del “colosso” il calendario segnava la data del 6 dicembre 1959, e fu un esordio felice: Napoli – Juventus 2-1. L’erba dello stadio San Paolo è stata il palcoscenico del più grande di tutti i tempi: il 5 luglio 1984,  ben 70.000 persone affollavano le sue gradinate per dare il benvenuto all’oracolo del calcio mondiale, un certo Diego Armando Maradona. El Pibe de Oro, mica roba da poco. Ad ogni giocata del suo figliolo argentino, il San Paolo sussultava come scosso da un fremito acuto, facendo tremare le gambe a chiunque scendesse nell’arena da avversario. E forse, talvolta, anche a chi la maglia azzurra la indossava. L’unico stadio capace di trasmettere a chiunque vi giocasse un emozione unica, indescrivibile, inimmaginabile.  Neanche alla Scala del calcio. Qualunque attore del mondo del pallone avrebbe voluto calcare il rettangolo verde della Bombonera d’Italia.

Un lento morire – Napoli non poteva certo rifiutare l’invito dei mondiali di Italia 90. E così fu. Ma al San Paolo occorrevano alcuni interventi di ristrutturazione: le rigide norme FIFA obbligavano gli impianti che avessero voluto ospitare l’evento a dotarsi di una copertura per riparare gli spettatori in caso di pioggia. I lavori furono aspramente criticati a causa anche dell’impatto che ebbero sull’estetica della struttura, trasformando il San Paolo in un orribile mostro di ferraglia e plexiglass. Per non dimenticare l’installazione del minuscolo ed irrisorio schermo elettronico nei pressi della balaustra del settore “distinti”. Tabellone che, oltre ad essere al limite dell’improponibilità, svolse il suo malinconico compitino solo per la durata dei campionati mondiali,  e per poche altre partite. Ma l’agonia del San Paolo è stata molto più lenta e dolorosa. Volendo concentrarsi sugli eventi più recenti, i tifosi azzurri non dimenticheranno facilmente il 2001: un drammatico nubifragio flagellò la città, creando danni molto rilevanti. Tra le strutture più colpite ci fu proprio il San Paolo: i locali sotterranei della struttura, compreso il parcheggio degli addetti ai lavori e i locali degli spogliatoi, furono letteralmente sommersi da un mare di acqua e fango. Il problema fu figlio dell’incuria: era infatti risaputo dell’inadeguatezza dei sistemi di sversamento dell’acqua piovana, ma come il malcostume del nostro Paese ci insegna, nulla fu fatto per prevenire. La squadra fu costretta ad emigrare tra Cava de Tirreni e Benevento fin quando il San Paolo non riacquistò un minimo di operatività. Ma anche questa volta non si intervenne per cercare di migliorare la costruzione in profondità, nei suoi punti deboli. Al contrario, un costante e sempre più intenso stato d’abbandono ha fatto si che la struttura, un tempo teatro del Re del calcio, pian piano raggiungesse un degrado che oggi fa dello stadio di Fuorigrotta tra i meno ospitali e funzionali del palcoscenico italiano. E considerando la già penosa condizione in cui versano gli impianti del Bel Paese, dove persino le strutture “d’elite” come San Siro o l’Olimpico risultano lontani anni luce dagli efficienti e futuristici stadi europei, la situazione di Napoli finisce con l’emerge in tutta la sua drammaticità. Gli elevati costi di gestione del San Paolo, insostenibili per l’Amministrazione comunale, e la crisi societaria relativamente recente che ha investito il club azzurro solo pochi anni fa sono state tra le cause principali di quella che è da considerarsi una vera e propria apocalisse per l’impianto: voragini stradali nelle immediate vicinanze ad ogni temporale (o quasi), spazzatura in ogni dove, servizi igienici divelti, sediolini sradicati e quelli ancora al loro posto che suscitano a chi se li trova di fronte dilemmi shakespeariani del tipo: “Sedersi o non sedersi? Questo è il dilemma..”. Ma la lista potrebbe essere ancor più lunga. Senza dimenticare un’altra apocalisse: quella a cui vanno incontro i tifosi azzurri ogni qual volta si rechino allo stadio. Con l’introduzione dei famigerati (quanto inutili) tornelli, avere accesso all’impianto di Fuorigrotta è diventata impresa alquanto ardua, in modo particolare in occasione delle partite “di cartello”. Il gran numero di sostenitori che generalmente accorrono al San Paolo mal si sposa con l’esiguo numero di varchi funzionanti, dotati dei tornelli e della zona di prefiltraggio. Il tutto crea una situazione insostenibile, con file che necessitano di ore ed ore per essere smaltite e consentire ai supporters un agevole ingresso. Al contrario, non sono rare scene di malori, o di tifosi esasperati che tentano di scavalcare cancelli e balaustre anche se possessori di biglietto o abbonamento.

Le parole del presidente – In occasione della presentazione del suo nuovo film “Latta e Cafè – Riccardo Dalisi, Napoli e il teatro della decrescita” il presidente De Laurentiis ha rilasciato alcune dichiarazioni proprio sullo stadio di Fuorigrotta: “Per quale motivo non compro il San Paolo? Perché se lo facessi, dovrebbero pagarmi. Ha mille problemi, che dopo i Mondiali del ’90 sono addirittura aumentati. In particolare con l’aggiunta della copertura. Quando c’è una pioggia più forte lo stadio si allaga. Ad una falla se ne aggiunge un’altra – ammette il patron azzurro – Se il San Paolo deve rimanere dove si trova occorre una ricostruzione. Servono dei decreti legge per favorire non il Calcio Napoli ma qualunque club di A voglia affrontare il discorso della proprietà di un impianto”. Già nelle scorse settimane il presidente aveva affermato che un gruppo di architetti e persone di fiducia stessero lavorando alla stesura di un progetto per rimodernare totalmente il San Paolo, rendendolo tra le altre cose una vera e proprio fante di introiti per la società.

Alfredo Ponticelli – L’Assessore allo Sport del comune di Napoli concorda con il presidente circa la necessità di interventi drastici per l’impianto: “Che il San Paolo sia in condizioni pessime è ormai cosa risaputa. In vista dei campionati europei di calcio che potrebbero tenersi in Italia nel 2016, abbiamo deciso di non puntare su un nuovo stadio. Io ero favorevole alla costruzione di un nuovo impianto a Miano, ma purtroppo c’è stato un problema di dismissione di alcune caserme. Inoltre la decisione di dotare la città di un nuovo stadio deve necessariamente essere largamente condivisa, in primis dalla Società Sportiva Calcio Napoli e dai tifosi. Ma da entrambe le parti vi è stata riluttanza, perché al San Paolo ci si è affezionati. Comunque sia con la società di De Laurentiis – continua l’assessore – abbiamo deciso di puntare forte sull’impianto di Fuorigrotta, che subirà un profondo restyling. I lavori interesseranno, ovviamente, anche l’attuale copertura, che sarà smontata e sostituita”. Lo Stadio del Sole ha voglia di tornare a splendere.

 Vincenzo Mugione NAPOLICALCIO.NET

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